Sono stato lungamente combattuto sull’opportunità di scrivere questo articolo e, ovviamente, mi sono convinto che fosse non solo opportuno, ma necessario per chiarire in maniera definitva la posizione di StudioBoost sul mercato dei Commercialisti ed il ruolo che intende giocare.
Cominciamo dall’inizio: StudioBoost è, dal punto di vista giuridico, una startup innovativa. Condizione che si sostanzia nell’essere una società di capitali che indirizza le proprie risorse nel produrre innovazione e nell’occupare personale altamente qualificato nella propria catena di produzione.
StudioBoost presenterà, il prossimo marzo 2018, il terzo bilancio. Ciò significa che, al momento, ha chiuso due esercizi contabili e due bilanci, allineati, dal punto di vista del fatturato, sui 400K/€
La visura di StudioBoost parla di un capitale sociale di 10.000€, interamente versato, 4 addetti e 3 soci, tutti illustri sconosciuti. Nessun “partner” industriale.
Dipende un po’ come la si vuole leggere, ma ammetto che la situazione fa di noi una anonima, piccola, strana e non ben definita società.
Quindi? Cosa ci sarebbe di anormale nell’essere anonimi, piccoli e ancora non nettamente definiti al terzo anno di esercizio in un mondo come quello dell’high-tech?
Nulla, non ci sarebbe nulla di strano, se solo il tuo principale mercato di riferimento utilizzasse oltre ai dati della visura e del bilancio, quello che gli anglosassoni chiamano “common sense” per valutare i propri fornitori e se non vivesse in un perenne stato di semi-incoscienza indotto.
“Sai, Domenico, noi apprezziamo moltissimo quello che fate, ci rendiamo perfettamente conto che ciò che ci offrite è largamente migliore, più efficace e più efficiente di quello che ci offre [nome di una software house che fornisce gestionali per commercialisti a caso], però siete troppo piccoli per poter supportare uno studio come il nostro”
“Ah, noi siamo troppo piccoli per uno studio come il vostro. Scusa, rammentami le dimensioni del vostro studio, per favore”
“Beh, siamo alla seconda generazione, abbiamo 10 addetti tra professionisti ed impiegati e quasi 100 clienti.”
“Ottimo! In questo momento nel nostro ufficio, seduti alle scrivanie ci sono 12 persone (4 delle quali assunte negli ultimi 60 giorni) poi ci sono due commerciali. Abbiamo 69 studi clienti (20 contrattualizzati negli ultimi 60 giorni), gestiamo una piattaforma che eroga servizi ogni giorno a 2500 utenti (tra professionisti e loro clienti), il nostro sistema di sostitutiva (partito 10 mesi fa) ha già archiviato circa 5 milioni di pagine, la seconda assicurazione al mondo ha assicurato tutti i nostri servizi per milioni di Euro, siamo così convinti di quello che facciamo che ci spingiamo a sottoscrivere obbligazioni di risultato. Se te la metto giù così, sei davvero certo che quelli piccoli siamo noi?”
Beh, se anche i bilanci degli studi professionali fossero pubblici, se esistessero le visure anche per i professionisti, se le regole che valgono per noi, valessero per i professionisti, ci sarebbero molte sorprese.
Tuttavia non è questo il punto.
Il punto è che tutti, all’inizio, sono stati “piccoli”. Prendete, ad esempio, [nome di una software house che fornisce gestionali per commercialisti a caso iscritta ad una associazione di categoria], è partita da uno studio professionale, oggi fattura decine di milioni con il software.
Strano, però, che nessuno abbia notato che, mentre negli anni 90 SAP, J.D.Edwards, BAAN, ecc. portavano in Italia gli ERP ed insegnavano ai loro clienti come si dovesse lavorare per processi, facendo crescere nelle imprese italiane nuove professionalità e nuova competenze, la [nome di una software house che fornisce gestionali per commercialisti a caso iscritta ad una associazione di categoria] si è sempre limitata ad aggiornare i propri software per quanto imponessero le normative, senza mai proporre una visione progettuale o strategica al proprio mercato. Senza mai farlo crescere.
Volete cercare le cause dell’arretratezza di una intera categoria, beh, cercate bene tra i suoi vendor. Se noi possiamo proporre soluzioni che utilizzano intelligenza artificiale, tecniche di deep learning, ecc. è perché i nostri vendor hanno avuto intuizioni, le hanno sviluppate ed hanno proposto al mercato una visione, che si è trasformata in un trend tecnologico globale.
Il modo è innegabilmente cambiato, la rivoluzione della conoscenza, opposta a quella industriale, sta proponendo per tutti nuovi paradigmi.
Allora vengono fuori le piccole e anonime realtà come StudioBoost ed è grazie alla nostra esistenza ed alla nostra insistenza commerciale che [nome di una software house che fornisce gestionali per commercialisti a caso iscritta ad una associazione di categoria] inizia a fornire strumenti “innovativi” senza, però, mai proporre quella visione strategica o progettuale che il mercato dovrebbe lecitamente pretendere.
Un esempio su tutti: la fattura elettronica.
La fatture elettronica esiste dal 2004. Ovvero, gli strumenti normativi per l’emissione della fattura elettronica esistono dal 2004 (14 anni fa!). Gli strumenti tecnologici per “trasferire” la fattura elettronica datano ancora più indietro. Un esempio? Il tracciato EDI, codificato in una norma UNI nella notte dei tempi e recepito dalle norme nazionali proprio attorno al 2004. Perché nel 2004, [nome di una software house che fornisce gestionali per commercialisti a caso iscritta ad una associazione di categoria] non ha integrato quelle tecnologie proponendo al mercato una visione strategica basata sullo scambio di informazioni digitalizzate? Perché oggi la stessa [nome di una software house che fornisce gestionali per commercialisti a caso iscritta ad una associazione di categoria] cavalca l’onda della #FEB2B, quando ormai a gestirla è l’ente che vorrebbe cancellare i commercialisti dal pianeta Terra?
Però, la domanda che mi picchia insistentemente nella testa è: come fate, cari Commercialisti, a dire contemporaneamente che le società come StudioBoost sono dimensionalmente inadeguate a seguirvi ed affidarvi a chi vi sta togliendo un granello alla volta la terra da sotto i piedi?
Chi saprà cogliere nella innovazione tecnologica gli spunti giusti, chi selezionerà i partner (non i fornitori!) migliori, chi sarà disposto a cambiare e a rivedere le proprie convinzioni, sopravviverà; per gli altri, il futuro è quantomeno “incerto”.
Qualsiasi scelta vorrete fare, fate il vostro gioco, i giochi (ormai) sono fatti.
Rien ne va plus.
P.S. Grazie. 1000 volte grazie ai 69 folli visionari, che ci stanno dando fiducia e che stanno beneficiando di servizi software innovativi e modelli di business (prezzi e condizioni) inarrivabili e rivoluzionari.