L’impatto sociale del professionista

Nel 2007, prima del secondo big-bang, in un’epoca piò vicina al giurassico di quanto possa esserlo all’epoca post industriale (quella che viviamo), l’OCSE aveva già individuato le principali cause della sotto-capitalizzazione delle aziende europee; le ragioni che, ancora oggi, impediscono la nascita e lo sviluppo di una “Google europea”.

Secondo l’OCSE, le aziende europee scontano due limiti che impediscono l’ingresso di capitale di rischio:

  • la struttura societaria, la forma giuridica,
  • le competenze e le attitudini degli imprenditori.

Rispetto al primo punto, beh, se conoscete qualcuno che è disposto ad investire capitale in una società di persone, fatevi sotto! Eppure le società di persone sono le più numerose non solo nel nostro paese ma in molti altri paesi europei.

Accetto l’appunto “il cliente vuole spendere poco…” ma rilancio: fare il bene del cliente non è forse anche fargli comprendere limiti e opportunità di tutte le soluzioni? E poi, da qualche tempo i costi di costituzione di società di capitali sono nettamente calati e sono assolutamente paragonabili con quelli per la costituzione di società di persone. Non c’è ragione di chiudersi opportunità proprio nel momento della costituzione.

Il secondo punto è più controverso, ma è oggettivamente difficile andare contro l’opinione dell’OCSE.

Ciò che ci dicono è che l’imprenditore medio è un tecnico eccezionale, conosce il suo prodotto e gli aspetti produttivi alla perfezione, ma entra in forte crisi quando si tratta di rappresentare finanziariamente la propria impresa o di programmarne e presentarne i possibili sviluppi.

Con questi limiti appare impossibile che, persino il meglio predisposto degli investitori, possa mettere il proprio capitale a disposizione dell’imprenditore.

Badate bene, stiamo generalizzando come si fa come ogni volta che si parla di statistiche, ma l’effetto è sotto gli occhi di tutti: nei paesi con una più affermata cultura imprenditoriale, la possibilità che una nuova impresa si trasformi in una compagnia da centinaia di miliardi di Dollari di turnover è all’ordine del giorno. Non pensiamo solo agli Stati Uniti, pensiamo a Israele, ad esempio. Una nazione che ha meno abitati della provincia di Milano.

Eppure in Europa una startup che diventa paragonabile Google, è qualcosa che ancora non abbiamo visto accadere. Anzi, vediamo l’esatto contrario: aziende in contrazione o molto più spesso in stagnazione che faticano persino ad accedere al credito bancario oppure imprese con crescite minime, persino difficili da misurare.

Detto questo, la provocazione è: chi se non il professionista può instillare nell’imprenditore quella cultura economica e finanziaria che manca? Ecco qui quello che secondo noi è l’impatto sociale del professionista. Il professionista dovrebbe fare il coach, l’allenatore dell’imprenditore, non sostituirsi a lui ma accompagnarlo, indirizzarlo, correggerlo nelle sue scelte. E, perché no, metterlo in contatto con altri imprenditori perché tra di loro si contaminino e trovino, chissà, anche qualche possibilità di business o di investimento.

Non a caso, è di coaching che parla l’OCSE. Ne parla come “la soluzione” al problema della sotto-capitalizzazione delle imprese europee ma, dal nostro osservatorio, è una enorme opportunità per i Professionisti più lungimiranti di assumere un importante ruolo sociale nello sviluppo delle imprese, incrementando l’attività consulenziale ed il fatturato collegato.

Tutto però deve essere guidato da un piano preciso in cui “si metta in sicurezza” l’attività ordinaria e si pianifichi e si gestisca opportunamente la nuova attività straordinaria.

Noi, in StudioBoost, siamo pronti per darvi supporto.