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Attenzione! Questa è Sparta!

PREMESSA: Generalizzare non è mai una buona prassi; non è necessario dirlo e non è nemmeno necessario dire che va riconosciuta l’esistenza eccellenze sia nel mondo delle imprese che tra i professionisti. Ciò che spaventa è il divario (questo si che è generalizzato!) tra le eccellenze e gli altri. Le mie generalizzazioni si riferiscono a questo. Che nessuno si senta offeso se rilancio risultati scientifici sconfortanti con la malcelata rabbia di un quarantenne che vede sempre più compromesso il futuro dei propri figli. Non convincetemi che sia meglio fare come Zingales e Pellegrino, agite con un moto di orgoglio! Ribellatevi, come faccio io, alla pigrizia culturale di questo paese! Daje!

 

We try to explain why Italy’s labor productivity stopped growing in the mid-1990s. We find no evidence that this slowdown is due to trade dynamics, Italy’s inefficient governmental apparatus, or excessively protective labor regulations. By contrast, the data suggest that Italy’s slowdown was more likely caused by the failure of its firms to take full advantage of the ICT revolution. While many institutional features can account for this failure, a prominent one is the lack of meritocracy in the selection and rewarding of managers. Familyism and cronyism are the ultimate causes of the Italian disease.

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Proviamo a spiegare la ragione per la quale la produttività italiana si sia fermata nella metà degli anni 90. Non abbiamo trovato alcuna prova del fatto che questo rallentamento sia stato causato da dinamiche di mercato o dall’inefficienza dell’apparato governativo italiano, oppure dalle norme che regolano il mercato del lavoro troppo sproporzionate verso la tutela del lavoratore. Piuttosto, i dati suggeriscono che il rallentamento italiano sia stato molto più probabilmente causato dal fallimento delle imprese nel trarre beneficio della rivoluzione digitale. Molte condizioni possono spiegare questo fallimento, ma una delle più importanti è la mancanza di meritocrazia nel selezionare e premiare i manager. Il clientelismo ed il familismo sono le cause principali del malessere italiano.

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Questo è l’abstarct di un paper scientifico datato 2014, scritto da Bruno Pellegrino e Luigi Zingales, rispettivamente professori alla University of California Los Angeles ed alla University of Chicago, NBER & CEPR. Gente che il familismo ed il clientelismo l’ha provato sulla pelle e l’ha battuto semplicemente andandosene lì dove questi problemi non esistono. Qui trovate la pubblicazione integrale.

Ciò che mi interessa trattare oggi, tuttavia, non è il motivo di questo enorme fallimento dell’intero sistema Italia nella sfida digitale globale. Piuttosto, mi preme sottolineare come questo fallimento sia stato scientificamente individuato come la causa di un colossale disastro socio-economico ancora incredibilmente in atto.

Causa scatenante perpetuata di categoria in categoria, di attimo in attimo, da allora sino ad oggi, con una incredibile costanza che mai la nostra nazione ha saputo esprimere in altri contesti, ma qui siamo a Sparta e le cose non sono così semplici quando ti schiantano sul Monte Taigeto a calci nei denti! 

Il mercato espelle chi non è adeguato, chi non è in grado di (perlomeno!) seguire le evoluzioni del mondo ICT e del digitale in genere.

Il mercato, signori miei, oggi è globalizzato. Possiamo acquistare prodotti e servizi facilmente e senza limiti in ogni parte del mondo.

Per ragioni professionali, come noto, seguo il mercato dei professionisti (avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro) e sono già in grado di enumerare un certo numero di “esiliati” sul Monte Taigeto. Quando, 3/4 anni fa le survey dicevano che il 25% degli iscritti alle professioni ordinistiche classiche sarebbe stato espulso dal mercato, in pochi credevano che quel numero sarebbe stato rivisto al rialzo. Eppure…

Allora, non c’è da meravigliarsi per i titoli di alcuni quotidiani a valle degli Stati Generali dei Commercialisti: Fattura Elettronica, una nuova tassa sulle imprese! Non c’è da meravigliarsi se “eminenti” esponenti di alcuni ordini rilasciano interviste dicendo che occorreranno 1000€/anno* ad ogni partita iva per adeguarsi alla fattura elettronica. Non c’è da meravigliarsi se almeno 1/20 delle partita iva che incontro non sa nemmeno a cosa mi riferisco quando gli chiedo: ma tu le fatture elettroniche come le farai? Nonostante ciò, queste cose mi meravigliano sempre e mi chiedo: perché non intervistare un CIO sulla fattura elettronica? Perché chiedere ad un commercialista?

Cosa può apportare alla discussione sulla fattura elettronica il professionista più resistente all’innovazione di sempre?

Me lo spieghi qualcuno perché, lo ammetto, i miei oggettivi limiti cognitivi mi impediscono di comprendere situazioni così prive di logica.

Propongo la mia personalissima visione della realtà.

I Commercialisti fanno barricate, oltre per il fatto non trascurabile di non sapere da che parte prendere l’oggetto tecnologico “fattura elettronica”, perché la loro Agenzia di Marketing (questa l’ho rubata ad un caro amico, il Dott. Cardone, ndr) nota con il nome di Agenzia delle Entrate, che fino a ieri gli ha buttato clienti a frotte negli studi, ha deciso non solo di smettere, ma di prendersi una buona fetta del mercato.

Alleluja, dico io! Se la liquidazione IVA me la faranno loro, beh, che vengano a dirmi che è sbagliata! Sapete quante rotture di scatole in meno per noi che le imprese le gestiamo?

La verità è che le cose per noi imprenditori non si stanno complicando, ma si stanno enormemente semplificando! A patto, ovviamente, di adeguarci a gestire le nostre imprese stando nella legalità, che per definizione (qui viene fuori il giurista che è in me), è cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza.

Ho fondato una impresa nella convinzione che, aiutando i professionisti a beneficiare (con soli 15 anni di ritardo!) della rivoluzione digitale, questi potessero finalmente esprimere quell’enorme potenziale socio-economico che ci farebbe fare un vero balzo in avanti come intero sistema paese.

Per 3 anni ho girato l’Italia per predicare il verbo della digitalizzazione, regalando (in senso letterale!) punti per la FPC, offrendo gratuitamente le mie competenze a chi oggi si preoccupa di dire che la fattura elettronica è il male assoluto e non fa nulla per i propri assistiti, che so, per agevolargli l’accesso alla finanza.

Devo dire che sono stati 3 anni intensi che anno apportato grande esperienza e consapevolezza nella nostra startup. Il team, nessuno escluso, ha dato tutto quanto umanamente possibile per raggiungere il nostro obiettivo. I risultati (non quelli economici, quelli vanno bene, parlo dei risultati concreti, del numero delle imprese che potendo già beneficiare di un rapporto digitalizzato con il proprio consulente ne ha compreso il valore e ne persegue l’adozione sull’intero business), però, sono molto poco incoraggianti.  L’impressione è quella di una larga parte del sistema che non è in grado di evolvere.

Allora, che Sparta sia!

La digitalizzazione nelle PMI e nelle micro imprese è un obiettivo che va raggiunto tassativamente, poco importa se chi gestisce i nostri adempimenti fiscali o chi scrive i nostri contratti, non è in grado di seguire.

Oggi l’opportunità (o anche la scusa) per muoversi si chiama fattura elettronica.

Non è una nuova tassa per le imprese, è una enorme opportunità di entrare (con un po’ di ritardo…) nel secondo millennio per moltissimi piccoli imprenditori e professionisti.

Signori, finalmente posso dire colleghi, siamo pronti ad aiutarvi con strumenti agili e gratuiti. Si chiama B2B EASY, è gratis.

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